AGI - Per la campagna vaccinale anti-influenzale 2020/2021 la Regione Lombardia ha speso 31.893.400 euro per avere a disposizione 2.675.888 dosi, di cui ne sono state inoculate 1.818.601, al di sotto del target di circa due milioni e seicentomila indicato a ottobre dalle autorità sanitarie lombarde. Al 15 gennaio avanzano, in questo calcolo, circa 900 mila dosi non usate per i vaccini e rimaste nei magazzini per un valore di dieci milioni di euro. I dati, anticipati dal tgLa7, risultano da alcuni documenti interni a Palazzo Lombardia letti dall'AGI dai quali si evince come questi numeri si discostino in modo netto dagli anni passati. Nel 2019/2020 le spese ammontarono a 9.057.925 milioni di euro per 1.378.555 dosi utilizzate e nel biennio ancora prima a 1.406.945 milioni per 1.289.991 dosi utilizzate. La percentuale di copertura tra i 60 e i 64 anni - altro dato che emerge - aveva come obbiettivo minimo fissato dal governo quello del 50% che significava 315mila dosi in questa fascia d'età. Se ne fanno invece poco più di 100mila il che vuol dire che è stato coperto il 16% di questa popolazione invece del 50%. “La campagna vaccinale in Lombardia è partita troppo tardi - commenta Samuele Astuti, responsabile del Pd per la Sanità in Regione - e ha avuto mille intoppi. La Regione ha commesso molti errori e questi hanno un costo che oggi possiamo quantificare, almeno dal punto di vista economico, in dieci milioni che avremmo potuto spendere sicuramente meglio che non in dosi, peraltro strapagate, che dovranno essere buttate”.
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AGI - Un terremoto di magnitudo 7.1 ha colpito l'Antartide ieri notte, seguito da un'altra scossa registrata nel Cile centrale, mentre un falso allarme tsunami ha causato il panico tra la popolazione. Il terremoto avvenuto alle 20:36 locali (le 00:36 in Italia in Italia) in mezzo al mare, a circa 210 km dalla base cilena Eduardo Frei in Antartide, e la conseguente allerta tsunami, hanno fatto scattare l'allarme evacuazione per nove basi militari e scientifiche del Cile e altri Paesi. L'Ufficio emergenze nazionali (Onemi) ha lanciato l'allerta tsunami per l'area antartica, ma a causa di un errore tecnico il messaggio è arrivato ai cellulari di buona parte dei 18 milioni di abitanti del Paese. Ottanta persone sono state evacuate dalla base Frei, che si trova a 1.230 km dalla terraferma, sull'isola di King George e ha una popolazione massima di 150 persone in estate e circa 80 in inverno. Altre 80 persone sono state evacuate dalle basi cilene di O'Higgins, Fildes e Prat, dove non sono stati registrati danni; piani di evacuazione sono stati attuati anche in cinque basi straniere nelle vicinanze, sebbene non sia stato specificato di quali Paesi. Dopo quasi due ore, Onemi ha ritirato l'allerta tsunami. Nessun pericolo per la stazione antartica italo-francese di Concordia a Dome C., che ha registrato con la sua strumentazione il sisma, ma si trova molto lontana dalla base Frei, ha fatto sapere il Cnr che ne coordina le attività dal punto di vista scientifico. Meno di un'ora dopo questa scossa, alle 21:07 ora locale, si è registrato un altro terremoto di magnitudo 5.8 con epicentro a 14 km da Santiago, a 122 km di profondità. Onemi ha fatto sapere che non sono stati segnalati danni a persone o edifici. La scossa ha generato panico tra la popolazione perché per sbaglio ha ricevuto sui cellulari l'allarme tsunami, che però si riferiva alla costa antartica.
AGI - “Il 24 gennaio Apple presenterà il Macintosh. E vedrete perché il 1984 non sarà il 1984”. Era il 22 gennaio del 1984 quando questa frase comparve sugli schermi delle televisioni americane sincronizzate per vedere il diciottesimo SuperBowl, da sempre l'evento più seguito negli States. La frase compariva alla fine di uno spot diretto da Ridley Scott: 30 secondi che hanno cambiato per sempre il linguaggio pubblicitario. Ambientato in un mondo distopico, ispirato a “1984” di George Orwell, lo spot vede al centro di uno schermo gigante un Grande Fratello impartire ordini a uomini ingrigiti. Poi una donna in pantaloncini rossi gli corre contro. Fa roteare in aria un martello e lo scaglia al centro dello schermo mandandolo in frantumi. Null'altro poi, se non quella frase ad annunciare il lancio di uno dei prodotti più noti creati dall'azienda di Steve Jobs. Il Macintosh, proprio come quello spot, ha cambiato per sempre la storia dell'informatica. È stato il primo computer commercializzato su larga scala, il primo ad introdurre un'interfaccia basata su icone, finestre e menu. Il primo a presentare di serie una tastiera e un mouse. Molte di quelle innovazioni fanno tutt'ora parte dei moderni computer, 37 anni dopo. Quella pubblicità servì a presentare Apple al mondo come un'azienda che lottava per gli individui di fronte a corporazioni opprimenti. La sfida di Jobs era all'Ibm - anche se in quel periodo il personal computer più popolare era il Commodore 64. Ad ogni modo quella pubblicità aveva un obiettivo chiaro: dare l'immagine di un'azienda coraggiosa che lotta per le libertà creative degli individui. Di tutti gli individui. Perché quel Macintosh era pensato per essere un computer che ogni famiglia della classe media poteva permettersi. Non solo economicamente, ma anche come prossimità “culturale”. Era un computer facile: niente più accesso dal prompt Dos per lanciare il sistema operativo. Un computer con una grafica all'avanguardia, intuitiva, immediata e comprensibile da chiunque, non solo da utenti esperti. E fu proprio questa la chiave del successo di Apple da allora in poi. Proprio come il messaggio di quella pubblicità risultò semplice e immediato, l'accesso ai prodotti tecnologici diventò dal lancio del Macintosh in poi facile e intuitivo. Quel computer ha rappresentato una rivoluzione senza precedenti nella storia del rapporto tra uomo e ‘macchina'. La stessa filosofia del Macintosh divenne poi quella che ha caratterizzato il lancio dell'iPod, dell'iPad, ma soprattutto dell'iPhone, che con il suo schermo touch e l'assenza di tastiera divenne in pochi anni lo standard di tutti gli smartphone allora schiacciati sul modello ‘BlackBerry' con tastiera. Apple da quel giorno di 37 anni fa divenne l'icona dell'azienda che sa innovare: nel linguaggio, nei prodotti, ma soprattutto nella sua capacità di creare un valore simbolico dei suoi device. Un'azienda capace di creare qualcosa che trascende il valore stesso del prodotto, aprendolo a una dialettica di senso (e di valore) che tutt'ora i concorrenti le invidiano.
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AGI - La popolazione triplicava in una notte. Ogni fine settimana. Poi tutto tornava alla normalità. Non un fenomeno di marea demografica, ma quello che, prima del Covid-19, accadeva nel più piccolo paese della Sardegna. Perché Baradili, in provincia di Oristano, nonostante i suoi 78 abitanti, ospita un ristorante-pizzeria da 180 coperti. Qui sono nati l'accademia di cucina e il locale che, negli anni, hanno proiettato il piccolo centro isolano nel cuore della gastronomia internazionale, con contatti che vanno dagli Stati uniti d'America alla Corea. Un percorso che ha trasformato il 'micro-paese' in una 'capitale' della pizza. Negli ultimi mesi, con le restrizioni imposte dalla pandemia, il ristorante pizzeria 'Sa Scolla' ha chiuso, ma prepara la ripresa a numeri ridotti anche solo per dare un segnale di speranza. Un campus e corsi con allievi anche dall'estero Tutto ha inizio nel 2015 quando l'Accademia Casa Puddu – oggi ribattezzata Coi Accademia enogastronomica – ha deciso di allestire un campus per i suoi numerosi allievi. “Avevamo bisogno di spazi, abbiamo studenti che arrivano da ogni parte della Sardegna e qualche presenza internazionale. Quest'anno abbiamo un alunno filippino e uno coreano”, ha spiegato il presidente Gianfranco Massa. Così la scuola, nata nel 2010 nella sede dell'ex pastificio di Siddi, nel Sud Sardegna, ha traslocato a Baradili. Qui hanno dunque ripreso i corsi di alto livello come 'La cucina secondo le stagioni': 600 ore per un percorso di formazione certificata che coinvolge docenti-chef di importanti realtà sarde, italiane e straniere. “Il 94 per cento dei nostri allievi trova lavoro entro due mesi dalla fine del corso”, ha sottolineato Massa. Da allora è stato un crescendo: lo stesso anno l'Accademia si è guadagnata la partecipazione all'Expo di Milano per rappresentare la Sardegna nel padiglione Eataly. Scambi con New York, Seoul e le Filippine Due anni dopo una delegazione è partita dal piccolo paese per la 'Grande Mela': a New York grazie a uno scambio con il Culinary insitute of America. Qualche tempo dopo i newyorkesi hanno ricambiato la visita e sono stati portati nelle campagne della zona raccogliere erbe spontanee e a conoscere i prodotti locali. Dopo gli americani, lo scorso anno, a Baradili sono arrivati anche i coreani: la Kbs, la tv di stato della Corea del Sud, ha deciso di raccontare l'isola con un focus sull'Accademia dopo un accordo firmato con il College di Seoul. Una collaborazione è stata avviata anche con la Camera di commercio italiana nelle Filippine. “L'obiettivo è promuovere i nostri prodotti agroalimentari attraverso la cucina. Con la Corea abbiamo deciso di iniziare uno scambio di competenze: docenti e studenti avrebbero dovuto iniziare corsi nelle rispettive sedi ma con la pandemia abbiamo rimodulato il progetto e avviato le video-lezioni”, ha spiegato Massa. Il presidente che, assieme all'amministratore delegato Giancarlo Dessì, è a capo anche del ristorante Sa Scolla – pizzeria con cucina di campagna, oggi guidato dallo chef Francesco Vitale - nato per scommessa l'anno dopo il trasloco. Convinti a fare la pizza da una coppia di anziani “Appena arrivati lì con l'Accademia, un'anziana coppia di Baradili continuava a chiederci se facevamo pizze. Alla fine ci hanno convinti”, scherza Massa che però assicura: “Da quando abbiamo aperto vengono tutte le settimane”. E non sono gli unici: nel 2019 in occasione della quarta edizione di 'Baradili capitale della pizza' - manifestazione a cui prendono parte i maggiori esperti del settore – nel paese si sono riversati circa 10 mila degustatori che hanno travalicato i confini di piccolo centro, sconfinando nei tanti comuni limitrofi. Il locale, prima della pandemia, ogni fine settimana e durante le cerimonie riempiva i suoi 180 coperti, dopo il lock-down e la chiusura degli ultimi mesi imposta dalle restrizioni per il contenimento del virus, Sa Scolla si prepara a riaprire a pranzo e a numeri ridotti. “Faremo anche asporto, certo sarà difficile, ma è un segnale”, ha spiegato Massa.
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AGI - Il presidente americano Joe Biden ha chiamato il capo dell'Ufficio della Guardia Nazionale per scusarsi dopo che alle truppe dispiegate a Washington. per proteggere la sua cerimonia di insediamento, è stato ordinato di dormire in un garage non riscaldato una volta cacciate dal Campidoglio. Nella telefonata con il generale Daniel R. Hokanson, il capo dell'Ufficio della Guardia Nazionale, Biden si è scusato e ha chiesto cosa poteva fare, riferiscono dalla Casa Bianca. Jill Biden, la first lady, con una decisione imprevista è uscita dalla Casa Bianca per far visita ai soldati di stanza fuori dal Campidoglio oggi pomeriggio, ringraziando per il loro lavoro e distribuendo biscotti al cioccolato. "La Guardia Nazionale avrà sempre un posto speciale nel cuore di tutti i Biden", ha detto, sottolineando che il loro figlio Beau, morto nel 2015, era un membro della Guardia Nazionale dell'Esercito del Delaware. "Sono soldati, non sono i servi di Nancy Pelosi", ha detto il governatore Ron DeSantis della Florida, un repubblicano, su "Fox and Friends" questa mattina. "Questa e' una missione a meta', a questo punto, e penso che la cosa appropriata sia riportarli a casa". Tra Covid e notti sul pavimento Sono almeno un centinaio gli uomini della Guardia Nazionale - i soldati giunti a Washington dopo l'assalto del 6 gennaio al Congresso - risultati positivi al Covid-19 e che adesso sono in quarantena negli hotel vicini. Lo hanno riferito tre fonti a Politico, secondo cui lo schieramento dei soldati a Washington per il giuramento del presidente, Joe Biden, potrebbe essersi trasformato in un evento "super-spreader", di superdiffusione del contagio. Secondo Politico, la Guardia Nazionale non è riuscita ad approntare un piano per testare i soldati, alcuni dei quali hanno dovuto cercare di farsi un test da soli. Al momento la Guardia Nazionale non ha segnalato il numero di casi, anche se si teme che il Covid-19 si sia diffuso molto rapidamente tra i 25mila soldati giunti nel centro della capitale (dopo il giuramento, più di 10 mila soldati rimangono ancora in servizio a Washington). Intanto, il Washington Post ha raccontato che centinaia di soldati hanno trascorso giovedì notte dormendo per terra nei garage fuori dal complesso del Congresso. Due agenti hanno raccontato al Post che i soldati sono stati trasferiti senza spiegazioni nel garage dove non c'era quasi spazio, passavano le auto vicine, i soldati erano esposti al fumo e c'erano pochi bagni. Gli uomini della Guardia Nazionale arrivati a Washington hanno stanze d'albergo, ma i soldati sono in genere in servizio per un giorno o due, turni di poche ore e non possono tornare facilmente ai loro alloggi, molti dei quali sono fuori dal Distretto di Columbia, negli Stati confinanti della Virginia e del Maryland. Al loro arrivo dopo l'assalto a Capitol Hill, i soldati erano stati autorizzati a dormire sul pavimento lungo i corridoi del Congresso e le foto avevano fatto il giro del mondo. Ma giovedì qualcuno li ha spostati in un parcheggio sotterraneo: le immagini circolate su Internet, con i soldati sdraiati sotto le luci al neon, con pochi bagni e prese per ricaricare i telefoni, hanno suscitato un coro di sdegno. "Questo è un insulto a tutte le unità della Guardia Nazionale che hanno seguito gli ordini e servito al freddo e sotto la pioggia tutta la notte senza cedere. Hanno protetto il Campidoglio quando ne avevamo più bisogno", ha tuonato il deputato democratico Brendan Boyle su Twitter. Gli ha fatto eco il nuovo leader della maggioranza al Senato, il dem Chuck Schumer, che ha definito la situazione "un oltraggio che non accadra' mai piu'". Non è chiaro chi abbia deciso lo spostamento: dalla Guardia Nazionale hanno sostenuto che sia stata la Capitol Police, ma il capo della polizia interna del Campidoglio ha negato, riferendo poi che "tutti gli uomini e le donne della Guardia Nazionale sono stati trasferiti in spazi all'interno del complesso del Campidoglio".
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AGI - "Stiamo andando troppo lenti, perché mancano le dosi di vaccino e visti i chiari di luna che stiamo vivendo in Italia, dove potrebbero esserci ritardi di AstraZeneca, oltre a quelli della Pfizer e Moderna, rischiamo di rimanere indietro per mesi". Così all'AGI l'infettivologo, Matteo Bassetti, direttore della clinica malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, in relazione al ritardo delle consegne da parte della multinazionale AstraZeneca che potrebbe far slittare la campagna di immunizzazione di massa nel nostro Paese di alcune settimane. "Noi abbiamo bisogno di arrivare almeno a 40 milioni di persone vaccinate per l'autunno e così non ce la facciamo - spiega Bassetti - quindi io sarei d'accordo ad aprire al vaccino Sputnik V russo e a quelli cinesi. Lo ha già fatto l'Ungheria. Questo, ovviamente, dopo una valutazione dell'Ema". "L'Italia - conclude l'infettivologo - deve spingere di piu perche' il vaccino e' l'unica arma per tornare alla nostra vita. Poi arriveranno anche altri vaccini, ma al momento vanno acquistati quelli che ci sono".
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