Pirlo e la tattica per contrastare Theo Hernandez: "L'avevamo preparata così"
Il mister juventino sulle scelte tattiche per arginare gli avversari.
AGI - Un'altra tegola potrebbe abbattersi su AstraZeneca: il suo vaccino, atteso da milioni di europei già infuriati per i ritardi annunciati venerdì scorso, potrebbe ricevere l'autorizzazione dell'Ema limitata ad alcune fasce d'età, escludendo in particolare gli over 65. La decisione è attesa per venerdì, ma sul tavolo degli esperti del comitato dell'Agenzia europea per i medicinali sono arrivati dall'azienda dati che hanno un campione molto ridotto di persone anziane. Lo ha confermato la direttrice dell'Ema, Emer Cooke, in audizione alla commissione Salute dell'Europarlamento. "Per quanto riguarda AstraZeneca, gli studi compiuti sono stati fatti confluire nei dossier finora messi insieme e hanno una quantità molto ridotta di soggetti in età avanzata, quindi anziani. Cosa che è stata ripresa al momento dai media", ha spiegato. "Ma il nostro comitato scientifico sta esaminando i dati nel loro insieme per comprendere quali siano le ripercussioni relativamente alla popolazione che abbiamo studiato e quindi cosa possiamo aspettarci anche in quelle fasce di popolazione che ancora non sono state analizzate". L'azienda minimizza "Questo è un iter normale relativamente a qualsiasi vaccino, dobbiamo considerare i dati disponibili, dobbiamo prendere in esame la scienza alla base di questi dati e l'aspetto scientifico e cercare di comprende cosa questi dati possano implicare", ha cercato di rassicurare Cooke. Ma è inevitabile chiedersi quali siano le opzioni. "Il comitato può approvare questo vaccino sulla base delle valutazioni circa il valore probatorio dei dati scientifici. Non voglio pregiudicare alcuna decisione perché questa è una discussione scientifica tra esperti, ma è possibile concludere un'autorizzazione che si concentrerà per esempio soltanto su un determinato gruppo di età oppure su una fascia di eta più ampia", è la risposta di Cooke. "Per noi l'importante è essere trasparenti sui dati che abbiamo vagliato e le valutazioni che abbiamo compiuto per giungere alla conclusione. Siamo fiduciosi che la decisione sarà quella giusta ed è proprio su questo versante che il comitato si sta adoperando", ha garantito. Il precedente tedesco Il caso era già scoppiato in Germania dove alcune fonti anonime citate dai media hanno messo in dubbio l'efficacia del siero sugli anziani e avanzato l'ipotesi di una bocciatura da parte dell'Ema. L'azienda, ma anche il ministero della Salute tedesco, ha immediatamente smentito. Il quotidiano economico Handelsblatt aveva riferito ieri che Berlino ha stimato l'efficacia del siero tra gli over 65 sia solo dell'8%, citando fonti anonime. Bild - da parte sua - ha riportato che Berlino non si aspetta l'autorizzazione dal vaccino di AstraZeneca per gli anziani con un tasso di efficacia di "meno del 10%". "Circa l'8% dei volontari negli studi sull'efficacia di AstraZeneca ha tra 56 e 69 anni e il 3-4% ha più di 70 anni", ha precisato il ministero della Salute tedesco. "Tuttavia, questo non significa che sia efficace solo nell'8% delle persone anziane", ha aggiunto. L'azienda è stata molto più netta nella smentita: "Le informazioni secondo cui l'efficacia del vaccino AstraZeneca-Oxford sia dell'8% negli adulti di età superiore ai 65 anni sono completamente errate". "A novembre, abbiamo pubblicato i dati su The Lancet che dimostrano che gli anziani hanno mostrato forti risposte immunitarie al vaccino, con il 100 per cento degli anziani che generavano anticorpi specifici dopo la seconda dose".
La testimonianza di un'amica della ragazza trovata morta in un burrone a Caccano
La produzione del Grande Fratello Vip ha pubblicato una nota sui canali social del reality. Ecco cosa è successo.
La testimonianza del medico è stata raccolta dalla Bbc in un documentario che ricostruisce i 54 giorni dal primo caso noto al blocco di Wuhan
Tiziana Gentile, la donna di 48 anni di Orta Nova in provincia di Foggia potrebbe essere stata accoltellata.
Gli aggiornamenti in tempo reale sull'emergenza coronavirus in Italia.
La cantautrice americana si confessa a Vanity Fair Usa
AGI - Una donna peruviana che si è offerta volontaria per testare il vaccino della cinese Sinopharm è morta di Covid. Lo ha riferito l'autorità sanitaria responsabile dei test a Lima, senza precisare però se la donna avesse ricevuto l'immunizzante o un placebo. "Siamo spiacenti di informare che uno dei nostri volontari è morto a causa di una polmonite Covid-19", ha comunicato l'università 'Cayetano Heredia', responsabile della sperimentazione clinica del vaccino Sinopharm. La donna, di 54 anni e apparentemente in buona salute prima di ricevere le due dosi vaccinali in ottobre, "ha ricevuto tutte le cure indicate per questa malattia e le sue complicanze e ha lottato per la sua vita per più di una settimana, senza riuscire a sconfiggere" il virus, ha aggiunto l'università, secondo cui non è stato possibile determinare se la volontaria ha ricevuto il vaccino sperimentale o un placebo perché si tratta di una "sperimentazione in doppio cieco, cioè né il partecipante né noi possiamo determinare quale prodotto di ricerca ha ricevuto". L'esito fatale è stato comunicato alle autorità sanitarie peruviane e al comitato di sicurezza dello studio, per indagare sulle cause della morte. Il governo peruviano ha annunciato questo mese di aver acquistato 38 milioni di dosi del vaccino Sinopharm. Gli studi clinici erano stati temporaneamente sospesi il 12 dicembre per alcune settimane dopo che uno in uno dei volontari, un maschio, erano comparsi sintomi della sindrome di Guillain-Barre', una malattia neurologica consistente nella degenerazione delle guaine mieliniche che rivestono le fibre nervose. La sperimentazione, che si è svolta tra settembre e dicembre, ha coinvolto 12.000 volontari di età compresa tra i 18 ei 75 anni.
AGI - L'Inter di Conte è la prima semifinalista di Coppa Italia. Battuto il Milan nel derby della Madonnina per 2-1 grazie ad un capolavoro in pieno recupero di Eriksen, autore di una meraviglia su calcio di punizione. Puniti i rossoneri dopo il vantaggio di Ibrahimovic, protagonista anche e soprattutto in negativo per un'espulsione che ha ribaltato completamente le sorti del match. Di Lukaku il momentaneo 1-1 su rigore. Ora la formazione nerazzurra se la vedrà con la vincente di Juve-Spal. Una grande occasione per parte nella prima metà del primo tempo, con Ibra che ci prova di testa mettendo a lato di un soffio, mentre Lukaku sull'altro fronte viene respinto molto bene con il piede da Tatarusanu. L'equilibrio poi si rompe al 31', quando lo stesso Ibrahimovic indovina una rasoiata in diagonale che lascia di sasso Handanovic, terminando in rete per il vantaggio rossonero dopo aver colpito il palo. I nerazzurri vanno sotto ma una manciata di minuti più tardi avrebbero subito la chance del pareggio, con Sanchez che colpisce di testa sul cross di Perisic, trovando la doppia deviazione quasi sulla linea di Theo Hernandez e Tomori. L'avvio di ripresa è praticamente tutto di marca Inter, con lo stesso Sanchez e poi Lukaku che spaventano il Milan, costretto poi all'inferiorità numerica per una sciocchezza di Ibrahimovic. Lo svedese al 58' commette un fallo inutile a metà campo su Kolarov, rimediando il secondo giallo di serata (il primo a ridosso dell'intervallo per un duro scontro verbale e fisico con Lukaku). La squadra di Conte prende ancora più coraggio e al 71' la rimette in equilibrio con il rigore trasformato proprio da Lukaku, dopo un intervento falloso di Leao su Barella punito dal Var. È un dominio nerazzurro nel finale di gara e nel lunghissimo recupero di dieci minuti, dovuto ad un infortunio dell'arbitro (sostituito dal quarto uomo), ci pensa il neo entrato Eriksen a spedire l'Inter in semifinale, inventandosi un calcio di punizione meraviglioso che vale il 2-1 finale.
AGI - Il 2020 è passato alla Storia come un anno segnato da profonde crisi sociali, economiche e sanitarie. Ma allo stesso tempo è stato anche un anno in cui si e' assistito alla diffusione del fenomeno della disinformazione con nuovi e reiterati attacchi al mondo del giornalismo. Il tema è stato affrontato all'interno del World Economic Forum di Davos, nel panel "Proteggere la libertà di stampa" dove si è partiti dai dati forniti dal Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) che ha documentato 207 violazioni della libertà di stampa legate alla pandemia a livello globale: dalla detenzione agli attacchi fisici e alle ritorsioni, dalle minacce legali e alle molestie. Sarah Kate Ellis, Presidente di Glaad, un'organizzazione non governativa americana per il monitoraggio dei media, ha sottolineato come il mondo si trovi oggi a combattere contro due nemici: la pandemia e il populismo. Quest'ultimo ha contribuito a diffondere fake news e disinformazione indebolendo quel processo che mira a difendere e sostenere i diritti umani. Matthew Caruana Galizia, figlio di Daphne Caruana Galizia, giornalista assassinata nell'ottobre del 2017 a causa dei suoi scoop, e presidente della fondazione che porta il suo nome, ha sottolineato come il coronavirus abbia complicato il lavoro di tutti coloro che si occupano di inchieste riguardanti temi cospirativi, dalla corruzione al crimine organizzato. Per Caruana l'impossibilità di viaggiare e di stabilire connessioni determina un più difficoltoso accesso a informazioni che possono risultare decisive per portare alla luce fenomeni importanti. La conseguenza e' che i lettori hanno meno possibilità di leggere inchieste di questo tipo, come quella che riguarda la morte di sua madre. Randall Lane, responsabile dei contenuti di Forbes, ha approfondito il tema delle piattaforme social che hanno un ruolo nel processo di diffusione delle fake news e della minacce online. Per combatterle, secondo Lane, bisogna costruire dei meccanismi per fermarle ma che, allo stesso tempo, siano in grado di proteggere il diritto alla libertà di parola.
Le autorità hanno arrestato quattro teenager di età compresa tra i 12 e i 14 anni. “Tutto il caso si è svolto in diretta davanti a noi attraverso Facebook e Instagram"
Dopo l'attrice 26enne, a distanza di poche ore trovato senza vita il connazionale di 28 anni
Il dottor Mosca nega l'accusa. Lo scambio di messaggi tra infermieri: "Non ci sto ad uccidere pazienti per liberare letti"
AGI - Il 30 dicembre scorso usciva sulla piattaforma Netflix la serie “Sanpa - luci e tenebre di San Patrignano”, serie TV che, attraverso interviste a collaboratori e ex ospiti, con immagini d'archivio, documenta la controversa storia della comunità di riabilitazione per tossicodipendenti fondata da Vincenzo Muccioli nel 1978, a Coriano. “Ho voluto vedere quella serie, nonostante ne avessi timore. Perché sapevo che mi avrebbe scosso. Al contrario di quanto dichiarato dai responsabili di San Patrignano, l'ho trovata più che equilibrata, con un ottimo lavoro di ricostruzione. E' demotivante però il fatto che si sia riacceso un dibattito su scala nazionale su San Patrignano, sulle comunità terapeutiche, solo dopo l'uscita della serie, ma visto che è servita una docu-serie per "rispolverare" l'argomento, credo che il lavoro su “Sanpa” debba allora diventare occasione per guardare l'oggi, per capire cosa possiamo fare nei confronti di un problema - come le tossicodipendenze, con la eventuale presa in carico delle comunità e l'intervento del Sert - ancora ben presente”. Le parole sono di Viviana Correddu, 40 anni, genovese, tossicodipendente dal 2001 al 2009 e “rinata” grazie al suo incontro con la comunità di San Benedetto al Porto, fondata nel 1970 da Don Andrea Gallo, il “prete di strada” genovese che accolse i primi “tossici” in canonica, salvo poi - con l'aiuto di persone di buona volontà tra cui per la maggior parte gli stessi tossicodipendenti da lui accolti - dar vita ad una comunità più strutturata: così nacquero le Cascine (tra Liguria e Piemonte) e la trattoria A Lanterna. Nulla a che vedere con San Patrignano, per metodologia e numeri. A confermarlo all'Agi la stessa Viviana che nel 2007 è entrata in quella comunità: “A San Benedetto di metodi punitivi non ce n'erano - racconta - quando le cose non andavano bene, si è sempre utilizzato il dialogo, la riunione, la messa in discussione, in gruppo, di quel che non andava bene. Meglio puntare sulle piccole comunità Certo, difficile farlo in una comunità con 2 mila persone - sottolinea Viviana - Ma è proprio qui la differenza: altre realtà, che oggi magari annaspano sul piano economico, hanno scelto di fare un percorso differente, con gruppi più piccoli. Nella Cascina di Mignanego, dove sono stata come residente per due anni, ad esempio eravamo arrivati a punte di massimo 17 persone”. A san Benedetto al Porto, infatti, le persone in comunità non superano la ventina in termini numerici. Una scelta precisa che porta avanti come comunità di "accoglienza", basata sui rapporti umani, in contrapposizione con il metodo "terapeutico" di massa. Questo per una ragione principale: non si lavora tanto sulla ricomposizione del soggetto fine a sé stesso, quanto ad una sua crescita personale all'interno di una "dimensione umana". Una "ricostruzione" che passa però anche attraverso il mondo e le inevitabili relazioni/complessità che comporta. San Benedetto al Porto è un luogo dove imparare a costruire relazioni con gli altri: il lavoro non è di reclusione, non si sta in una sorta di “bolla” dove tutto funziona alla perfezione, ma è di ricucitura dei legami con il territorio, dove si rinsaldano e verificano le relazioni, dove viene restituita la dignità e l'autostima. L'obiettivo generale è sviluppare la tendenza all'autogestione e alla graduale assunzione di responsabilità all'interno dei gruppi e alla capacità di autodeterminazione delle proprie scelte e dei propri comportamenti, nonché la consapevolezza di poter essere parte attiva nel contesto sociale e politico con cui, anche stando in comunità, si continua a interagire. Ci sono anche lì "regole" da rispettare, certo, e operatori (educatori e counselor) che seguono il percorso di ogni persona che entra in comunità, ma il metodo proattivo si posiziona in alternativa e opposizione a modelli di intervento di natura meramente assistenzialistica, verticale e clinico-terapeutica. Sono entrata che pesavo 37 chili, ora aiuto gli altri Per Viviana questo è un aspetto fondamentale: “Quando sono entrata a San Benedetto, pesavo 37 kg, giravo per strada con le siringhe nella borsa, mi facevo di cocaina e di eroina. Delle volte ero in giro per giorni per strada tanto che mi venivano le piaghe ai piedi, e non avevo mestruazioni da 2 anni. In comunità non avevo l'"angelo custode" che ti aspetta anche fuori dal gabinetto, come avviene a San Patrignano - sottolinea sorridendo - ma tante persone pronte ad aiutarmi, senza metodi coercitivi. Io - precisa - non ho la presunzione di dire che esiste un metodo giusto o uno sbagliato. Il punto è quello di dare la possibilità a tutti i soggetti che si occupano di tossicodipendenze di poter svolgere la propria funzione, mentre condanno fermamente qualunque metodo coercitivo che di fatto parte dal presupposto per cui il tossicodipendente non è in grado di intendere e volere. Una legge contro l'uso e l'abuso di droga non può parlare solo di terapia e penalizzazione, perché la lotta alla tossicodipendenza sono convinta si faccia attraverso la legalizzazione e la depenalizzazione dei reati legati alla tossicodipendenza”. Ecco perché l'occasione fornita dalla serie “Sanpa” non deve essere sprecata, secondo Viviana. Anzi, dice, “può essere un modo per ridiscutere di legge, di legalizzazione, che non vuol dire liberalizzazione, quindi dare regole nuove, coraggiose, che in altri Paesi europei sono state applicate e che dimostrano di funzionare”. Per Viviana un altro dei temi da affrontare è quello dell'impiego del metadone: “Il farmaco sostitutivo - metadone o subutex - deve essere uno strumento, se serve, per liberarsi della tossicodipendenza: non è possibile per 20-30 anni ritirare mensilmente la dose. Se nella testa dello Stato c'è l'idea di cronicizzare e di risolvere il problema così, a questo punto che sia “droga buona” - dice provocatoria - il metadone fa più danni dell'eroina se guardiamo solo l'aspetto degli effetti fisici e di dipendenza psicologica collaterale”. Il sostegno e l'attenzione all'individuo, alle sue peculiarità, sono strumenti necessari per uscire dalle tossicodipendenze, perché non tutti sono uguali, non tutti rispondono allo stesso modo a certi stimoli. Ecco perché, per Viviana, l'offerta delle comunità e dei percorsi da seguire deve essere variegata ed equamente sostenuta dal pubblico: “Quel che ci può suggerire una serie come "Sanpa" è, ad esempio, chiedersi cosa vogliamo che siano le comunità oggi. Vogliamo che siano luoghi dove una persona passa 10-15 anni della sua vita, come in una bolla di perfezione, poi esce e torna a farsi, o vogliamo dare la possibilità alle persone di scoprire nuovi modi di esistere? Recuperare quello che si è stati, senza snaturare, elaborando un percorso di crescita? Manca un dibattito su questo. E il problema grave attuale è che le risorse destinate alle comunità sono esigue. O ci sono finanziatori esterni o il rischio è che alcune - che lavorano su numeri inferiori - siano sempre più in difficoltà”. E senza queste piccole grandi comunità, come la stessa San Benedetto al Porto che, da 50 anni, porta avanti la sua missione, Viviana forse oggi non avrebbe sorriso con tutti i suoi denti, non avrebbe avuto un marito, una figlia, un lavoro, non avrebbe parlato in pubblico davanti all'ex ministro Giovanardi quando, ospite della comunità, gli aveva spiegato che “i tossici non hanno i buchi nel cervello” come lui sosteneva, il tutto sotto l'occhio benevolo e divertito di Don Gallo che, quando girava per la comunità spesso urlava "Dov'è la Viviana?", restituendole il suo nome, togliendola dall'invisibilità, facendola sentire apprezzata e accudita. Ho sempre potuto scegliere se restare o andarmene “Nessuno in quelle Cascine è stato prigioniero: se una persona non riusciva più a stare, certo se ne discuteva, gli si parlava insieme, ma se ne poteva andare quando voleva - racconta Viviana - Si partiva sempre dall'idea che ogni scelta doveva essere consapevole, dallo stare in comunità all'abbandonarla. Al centro si metteva sempre l'autodeterminazione della persona, che non significa abbandonarla a sé stessa. Nei momenti di crisi nessuno veniva lasciato solo allo sbaraglio. Ci sono stati giorni in cui mi fermavo con l'operatore a parlare ore: c'era sempre la volontà di far riflettere, ma avevo il mio documento in tasca, potevo decidere di chiamare mia madre, mio fratello e chiedere di venirmi a prendere o fare la borsa e andarmene”. "La comunità non è salvifica, ma un luogo importante per riequilibrare, in un momento di forte dipendenza, la propria vita - sottolinea Domenico Chionetti della comunità San Benedetto al porto, nelle cui case e cascine vengono ospitate al momento una cinquantina di persone - ma se manca il welfare, la casa, il riferimento lavorativo il percorso non si completa. Quel che noi chiediamo è un maggior investimento nel servizio pubblico e, a ruota, nel privato sociale: serve una rete vera. Non tutti gli ospiti di San Benedetto al porto ce l'hanno fatta come Viviana, per il principio che non tutte le persone sono uguali e rispondono agli stimoli nello stesso modo. Ma è stata quella strada a permettere a questa donna di sentirsi nuovamente Viviana. Per lei è questo il tema centrale: tutti hanno diritto ad una possibilità. Continua ad abbassarsi l'età media degli assistiti dai Sert Secondo dati raccolti in Liguria, il problema delle dipendenze, in particolare tossicodipendenze, è più che attuale e abbraccia fasce d'età sempre più basse: sulla base di riscontri effettuati da Alisa su richiesta di Agi, rispetto alle precedenti rilevazioni i dati relativi al 2019 (i più recenti) segnalano un aumento di giovani in carico ai Sert nelle classi 15-19 anni e 20-24 anni, soprattutto per consumo di cannabinoidi. La “moda” di oggi, rispetto al passato, è il policonsumo: ovvero assunzione di sostanze legali, come alcol e tabacco, mischiate a psicofarmaci e, ad esempio, cannabinoidi. Questa “moda” non vede nette distinzioni tra maschi e femmine: per consumo di alcol e tabacco le percentuali sono simili, per l'uso di psicofarmaci invece primeggiano le femmine, per i cannabinoidi si inizia con percentuali simili, poi diventano appannaggio dei maschi. Forte è anche la sperimentazione tra i giovani: in media, il 3,4% degli studenti ha riferito di aver fatto uso, almeno una volta nella vita, di nuove sostanze psicoattive (Nps). Si tratta di sostanze molto potenti, spesso di origine sintetica, che sfuggono ai controlli perché non censite nelle tabelle ufficiali delle droghe illegali. Questa percentuale, sebbene in leggera diminuzione rispetto al 4% registrato nel 2015, rappresenta comunque livelli di consumo più elevati rispetto ad anfetamine, ecstasy, cocaina o Lsd, considerati individualmente. Quasi tutti gli utilizzatori di Nps sono ‘policonsumatori', ovvero fanno uso anche di altre sostanze (come alcol, cannabis e stimolanti), cannabinoidi sintetici, comprati soprattutto online, con livelli di Thc molto forti: “Chi li prende, spesso non sa cosa assume - racconta Sonia Salvini, responsabile del Servizio dipendenze di Alisa - finisce al pronto soccorso perché si spaventa molto. Ma quando gli si chiede cosa ha assunto, non sa rispondere. E' un fenomeno che va subito individuato per poi intraprendere il corretto percorso”. Negli ultimi 50 anni il consumo e l'abuso di sostanze è più volte cambiato in Italia: i Sert sono sentinelle attente sul territorio che fotografano questi mutamenti. Ad esempio, quelli della Liguria rivelano che le persone in carico per consumo di sostanze illecite al 31 dicembre 2019 sono state quasi 4mila (3.980), con un incremento dei giovani tra 15 e 19 anni. Quelle inserite in comunità terapeutiche, compresi gli enti del privato sociale accreditato (come la Comunità di San Benedetto al Porto, ad esempio) nel 2019 sono state 724. La permanenza media in comunità residenziale è di 24 mesi. Nel giro di un paio di mesi dalla richiesta, la persona viene inserita. Si tratta di soggetti segnalati ai Nuclei Operativi Tossicodipendenze Liguri per violazione della art. 75 L309/90 (quindi "chiunque illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti", ndr) nel 2019 sono stati 1.543, di cui il 13,6 % minorenne e il 65% residente nel capoluogo ligure. Tra i segnalati, il 22% appartiene alle classi di età 15-19 anni, mentre il 26% alle classi di età 20-24 anni. Metà, quindi, sono tra i 15 e i 24 anni, mentre il rimanente 50% si distribuisce tra le classi di età più alte. Il 79% è stato segnalato per consumo o detenzione illecita di cannabinoidi, il 14% per cocaina, il rimanente 7% per oppiacei. Parlando di presa in carico da parte dei Sert, la sostanza illegale per cui è maggiore la domanda di trattamento in Liguria è rappresentata dagli oppiacei con il 67,8%, seguita dai cannabinoidi con il 15% e cocaina, con il 13%. Rispetto alla precedente rilevazione, si segnala una maggiore domanda di trattamento per consumi di cocaina (dal 13% al 17%) a fronte di una contrazione per eroina. La domanda per cannabinoidi è invece stabile (15%).
AGI - Oggi Kaja Kallas ha prestato giuramento, diventando la prima donna a guidare un governo in Estonia, affiancando un'altra donna, Kersti Kaljulaid, presidente del Paese baltico dal 2016. L'Estonia è il primo e il solo Paese al mondo ad avere donne nelle due principali posizioni di capo dello Stato e capo del governo. Ma qual è la situazione delle donne al vertice nel mondo? A guidare la classifica della leadership rosa in Europa, che ha eletto una donna, Ursula Von der Leyen, alla guida della Commissione Ue, ci sono sicuramente i Paesi del Nord, dalla vicina Lituania, a Norvegia, Finlandia, Islanda, Danimarca e Germania. Secondo dati del 2019, al Parlamento europeo siede il 36% di donne. Considerando i 27 Paesi Ue e il Regno Unito, solo il 14,3% dei premier è donna e tra i presidenti la quota sale appena al 21,4%. L'Europa conta un 30% di ministri donne contro il 19% su scala mondiale. Su scala globale, su circa 200 Paesi, solo 20 sono guidati da capi di Stato donne. La situazione in Europa Danimarca: Mette Frederiksen è la premier dal 27 giugno 2019. Dal 2011 al 2014, Frederiksen è stata ministro del Lavoro nel Governo Thorning-Schmidt I e, dal 2014 al 2015, ha ricoperto l'incarico di ministro della Giustizia. Dal 28 giugno 2014 è la leader dei socialdemocratici. Viene spesso criticata per le sue posizioni molto dure contro l'immigrazione e la lotta alla prostituzione. Estonia: Le neo premier Kaja Kallas è leader del Partito riformista (destra liberale), ex europarlamentare, europeista, 43 anni. è "figlia d'arte": suo padre è l'ex primo ministro Siim Kallas, in carica dal 2010 al 2014, che è stato anche commissario europeo ai Trasporti durante la presidenza Barroso. Il lavoro della prima premier donna in Estonia andrà ad affiancarsi della presidente Kersti Kaljulaid, 51 anni, capo dello Stato dal 2016, quarta in carica dall'indipendenza dall'Unione sovietica nel 1991. Laureata in genetica, ha poi conseguito un master in economia e scienza dell'amministrazione. Dal 1999 al 2002 è stata consigliera economica del premier estone Mart Laar, dal 2002 al 2004 CEO dell'impianto di Iru della compagnia di energia pubblica Eesti Energia, per poi diventare, fino al 2016, membro della Corte dei conti europea. Finlandia: La premier finlandese Sanna Mirella Marin, in carica da dicembre 2019, ha un primato: quello di essere la più giovane leader di governo nel mondo. Classe 1985, a soli 34 anni ha preso la guida dell'esecutivo finlandese, già ministra dei Trasporti, astro nascente del partito socialdemocratico (SPD). Marin è cresciuta in una famiglia di due mamme. Georgia: Nel novembre 2018 la Georgia ha eletto il suo primo capo di Stato donna, Salome Zurabishvili. Nata a Parigi 68 anni fa da genitori georgiani che avevano lasciato il Paese nel 1921, dopo l'annessione all'Unione Sovietica, ha fatto carriera nella diplomazia francese. Nel 2003 è stata inviata come ambasciatrice nella capitale Tbilisi e l'anno successivo ha ottenuto la cittadinanza su decisione del presidente georgiano. Viene allora scelta come ministro degli Esteri, ruolo che ha ricoperto fino al 2005. Nel 2006 ha fondato il partito La via della Georgia e viene eletta in Parlamento. La sua candidatura alla presidenza è stata sostenuta da Sogno Georgiano, partito di governo, fondato nel 2012 dal miliardario Bidzina Ivanishvili. Germania: Cancelliera della Germania dal 22 novembre 2005, Angela Merkel, 66 anni, è tra le più note donne leader al mondo. Dal 2006 al 2019 il magazine Forbes ha inserito Merkel tra le 100 donne più potenti del pianeta. Gran Bretagna: Dal 6 febbraio 1952, quando è succeduta al padre, re Giorgio VI, Elisabetta II - nata Elizabeth Alexandra Mary, il 21 aprile 1926 a Londra - è la regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli altri reami dei 15 Paesi del Commonwealth. Quasi 95enne, il suo regno è il più longevo al mondo, oltre 68 anni. Islanda: Katrìn Jakobsdòttir è il primo ministro dell'Islanda dal 30 novembre 2017. è la seconda donna a ricoprire questo incarico nel Paese dopo Jòhanna Sigurdardòttir, che era stata nominata nel 2009. Leader dei Verdi, Jakobsdottir, 44 anni, dichiaratamente femminista, è alla guida di una coalizione tripartitica composta da Partito dell'Indipendenza, Partito Progressista e i Verdi. Lituania: Ingrida imonyt è primo ministro della Lituania dallo scorso 11 dicembre. Economista di formazione, 46 anni, dal 2009 al 2013 è stata ministro delle Finanze ed ha condotto una politica economica di austerità durante la crisi finanziaria globale. Eletta alle parlamentari nel 2016, due anni dopo ha vinto le primarie del suo partito, l'Unione della Patria - Democratici Cristiani di Lituania, diventandone la candidata per le elezioni presidenziali del 2019. è stata sconfitta dal candidato rivale, Gitanas Nausdam. Norvegia: Erna Solberg è primo ministro dal 16 ottobre 2013 e leader del partito conservatore norvegese. Ad affiancare Solberg, 59 anni, soprannominata la 'Angela Merkel della Norvegia', a due importanti dicasteri ci sono altre donne: Ine Eriksen Soreide, ministra degli Esteri e Marit Berger Rosland agli Affari Europei. Si occupa spesso di diritti femminili anche se vorrebbe leggi più restrittive per l'aborto. Serbia: Ana Brnabi è primo ministro della Serbia dal 29 giugno 2017, eletta con il Partito progressista. L'economista 45enne è la prima donna, dichiaratamente omosessuale, a ricoprire tale carica nel Paese. Si definisce europeista e tecnocratica e il suo governo, per quanto conservatore, punta su educazione e digitalizzazione. Slovacchia: Da marzo 2019 presidente della Slovacchia è Zuzana Caputova, 45 anni, giurista e avvocato, madre divorziata con due figlie, prima donna ad essere eletta capo di Stato nell'Europa centro-orientale. A spingerla ad entrare in politica è stato l'assassinio del giornalista investigativo Jan Kuciak. Si è impegnata a lavorare per i diritti di tutti - anche di immigrati e persone LGBT - contro ogni forma di ingiustizia e abuso. Dopo una lotta decennale è riuscita a fermare un'enorme discarica abusiva, premiata con il Goldman prize, considerato il Nobel del movimento Verde e dell'ecologia. La situazione nelle Americhe Stati Uniti: Kamala Harris è la prima donna e per giunta con origini afroasiatiche a diventare vicepresidente degli Stati Uniti, accanto al 46mo capo di Stato, il democratico Joe Biden. America centrale: Paula-Mae Weekes è presidente di Trinidad e Tobago, laureata in legge e in carica dal 2018. L'avvocatessa Mia Amor Mottley è la premier delle Barbados dal 2018. In Nicaragua, governato col pugno duro dal marito Daniel Ortega, la vicepresidente è Rosario Murillo, esponente di spicco del Fronte sandinista di liberazione nazionale, partito di governo dal 1979, salvo una parentesi di qualche anno. La situazione in Asia e Oceania Bangladesh: La guida del governo è in mano a Sheikh Hasina Wazed, in carica dal 2009, considerata una delle donne più potenti del mondo, inserita al 28mo posto nella classifica Forbes. Myanmar: Nonostante crescenti critiche in patria e all'estero - tra cui le pesanti accuse di genocidio ai danni dei Rohingya - la storica leader birmana Aung San Suu Kyi, 75 anni, stata riconfermata al potere dopo la vittoria alle elezioni parlamentari dello scorso novembre della sua Lega nazionale per la democrazia (Lnd). Molti nella maggioranza dei Bamar la venerano come madre della nazione, Nobel per la pace nel 1991, nel 2010 è tornata libera dopo anni di prigionia durante la dittatura militare cinquantenaria. Nepal: Dal 2015 la presidentessa del Nepal è Bidhya Devi Bhandari, leader del partito comunista, 60 anni, nota per le sue battaglie per i diritti delle donne e per garantirli anche nel nuovo ordinamento statale. Nuova Zelanda: Lo scorso novembre, Jacinda Arden, popolare prima ministra della Nuova Zelanda, è stata riconfermata per un secondo mandato. Capo del Partito laburista dal 2017, la 40enne Arden è ambientalista e lotta contro la discriminazione. Il suo nome è diventato famoso nel mondo per la sua gestione esemplare della crisi della strage di Christchurch, compiuta il 15 marzo 2019 contro due moschee, dando prova di una leadership salda e profondamente umana. Un'altra crisi che Arden ha gestito con successo è quella della pandemia di Covid-19. Singapore: Da settembre 2017 il presidente di Singapore è una donna, Halimah Yacob, la prima a ricoprire l'incarico. Di etnia malese, classe 1954, la sua elezione è stata accolta come la volontà di affermare l'identità multiculturale e multietnica della piccola ma influente repubblica asiatica. La situazione in Africa Etiopia: In Africa l'unica donna capo di Stato in carica è Sahle-Work Zewde, eletta in Etiopia nell'ottobre 2018, prima donna alla presidenza nel Paese del Corno d'Africa. Diplomatica di lungo corso, fino alla sua elezione ha ricoperto la carica di rappresentante del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres presso l'Unione africana. Togo: Lo scorso ottobre in Togo è stata nominata la prima premier donna, Victoire Tomegah Dogbè, 60 anni. Laureata in Scienze economiche e gestione d'impresa in Togo, con specializzazioni all'estero, ha maturato una lunga esperienza nella cooperazione, tra l'altro alle Nazioni Unite, prima di diventare ministro dello Sviluppo, dell'Artigianato, della Gioventù e dell'Occupazione dei giovani nel suo Paese. Gabon: Anche il Gabon ha un primo ministro donna: Rose Christiane Ossouka Raponda, 56 anni, economista, esperta di finanza pubblica, in carica da agosto 2020. Alle spalle ha una lunga carriera da fedele alleata del presidente Ali Bongo Odimba, la cui famiglia è al potere da decenni. Dal 2012 al 2014 è stata ministro del Bilancio, dal 2014 al 2019 sindaco della capitale Libreville, dove vive più del 70 per cento della popolazione del Gabon, e per finire ministro della Difesa da febbraio 2019. In Africa il protagonismo politico femminile passa anche attraverso le rappresentanze nei Parlamenti. Il Parlamento del Ruanda è il primo al mondo per numero di donne, che sono il 56% di tutti i deputati.
Il sindaco del comune di Lizzanello, in provincia di Lecce: "Non ci rappresenta
Il gruppo Colussi raddoppia: dopo Misura anche Agnesi sceglie l’imballo che si trasforma in terriccio fertile
Federico Perno, microbiologo del Bambino Gesù, al Corriere: "Anche chi si è già ammalato dovrà vaccinarsi"
Centinaia di arresti dopo notti di proteste contro restrizioni economiche e lockdown, un esecutivo dimissionario e vaccinazioni in alto mare
AGI - Lui 98 anni e lei 88 anni, marito e moglie da 71 anni, hanno superato brillantemente il coronavirus. E' la storia che arriva da Palazzo San Gervasio, centro della provincia di Potenza, raccontata dal nipote della coppia, Pasquale. "Nonostante i problemi di salute - racconta all'AGI il nipote Pasquale - entrambi hanno sconfitto questo maledetto virus, nonostante altri gravi problemi di salute". Lui, infatti è sordomuto da sempre ed è conosciuto da tutti in paese come "u' muparigghj", la moglie, invece, ha l'alzheimer in stato avanzato ormai da più di 15 anni. "La difficoltà di lottare contro il Covid" "I miei nonni - spiega il nipote - avevano contratto il covid dalla badante circa 50 giorni fa, destando in noi grande preoccupazione sia per i risvolti sulla salute e sia per la difficoltà nel far comprendere a due persone così anziane e bisognose di cure il concetto di “isolamento” dal mondo esterno. "Per loro - sottolinea Pasquale - è stato un dramma non poter passare il Natale con il resto della famiglia, ma per fortuna non hanno mai avuto bisogno di essere trasferiti in ospedale e per degli anziani restare tra le proprie mura domestiche è importantissimo. La prima ad essere risultata negativa è stata lei e oggi, dopo 50 giorni, è finalmente risultato negativo al tampone di controllo anche lui (ha dovuto fare quattro tamponi prima di avere la bella notizia). Hanno avuto lievi sintomi, ossia qualche giorno di febbre per entrambi prima ancora di scoprire la positività al virus. L'amore che li lega - conclude commosso il nipote - ha vinto su tutto. Questo vuole essere un messaggio di speranza per tutti".