Tregua con Conte sul Recovery, Renzi: ora ci danno ragione
Incassata fiducia manovra alla Camera, voto in aula 27 dicembre
Lettera aperta dello scrittore: "È ora di costruire una Nuova Italia"
L'attrice e conduttrice è il volto della nuova collezione curvy ideata dai due stilisti italiani
La testimonianza di un'amica della ragazza trovata morta in un burrone a Caccano
Alfonso Signorini ha dato il via alla puntata del GF Vip parlando della crisi avuta da Stefania Orlando in settimana. Cosa è successo.
Gli aggiornamenti in tempo reale sull'emergenza coronavirus in Italia.
Steven Brandenburg, 46 anni, si è dichiarato colpevole. Il suo obiettivo era quello di rendere inefficace il vaccino. Lo rende noto il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti
Dopo l'annuncio della transizione, l'attore rivela il divorzio dalla ballerina 26enne con cui era sposato dal 2018
Una serie di ombre sull’operato della Polizia Giudiziaria che hanno spinto la Procura ad aprire un altro fascicolo, questa volta per omicidio
Bufera mediatica su Andrea Zelletta: il concorrente del Grande Fratello Vip ha svelato il costo dei suoi pantaloni.
AGI - Una donna peruviana che si è offerta volontaria per testare il vaccino della cinese Sinopharm è morta di Covid. Lo ha riferito l'autorità sanitaria responsabile dei test a Lima, senza precisare però se la donna avesse ricevuto l'immunizzante o un placebo. "Siamo spiacenti di informare che uno dei nostri volontari è morto a causa di una polmonite Covid-19", ha comunicato l'università 'Cayetano Heredia', responsabile della sperimentazione clinica del vaccino Sinopharm. La donna, di 54 anni e apparentemente in buona salute prima di ricevere le due dosi vaccinali in ottobre, "ha ricevuto tutte le cure indicate per questa malattia e le sue complicanze e ha lottato per la sua vita per più di una settimana, senza riuscire a sconfiggere" il virus, ha aggiunto l'università, secondo cui non è stato possibile determinare se la volontaria ha ricevuto il vaccino sperimentale o un placebo perché si tratta di una "sperimentazione in doppio cieco, cioè né il partecipante né noi possiamo determinare quale prodotto di ricerca ha ricevuto". L'esito fatale è stato comunicato alle autorità sanitarie peruviane e al comitato di sicurezza dello studio, per indagare sulle cause della morte. Il governo peruviano ha annunciato questo mese di aver acquistato 38 milioni di dosi del vaccino Sinopharm. Gli studi clinici erano stati temporaneamente sospesi il 12 dicembre per alcune settimane dopo che uno in uno dei volontari, un maschio, erano comparsi sintomi della sindrome di Guillain-Barre', una malattia neurologica consistente nella degenerazione delle guaine mieliniche che rivestono le fibre nervose. La sperimentazione, che si è svolta tra settembre e dicembre, ha coinvolto 12.000 volontari di età compresa tra i 18 ei 75 anni.
Le uniche limitazioni restano per musei, cinema e teatri, che devono lavorare al 50% della capienza. "La situazione coronavirus continua a migliorare"
Tiziana Gentile, la donna di 48 anni di Orta Nova in provincia di Foggia potrebbe essere stata accoltellata.
Il miliardario filantropo stila una serie di strategie per non farsi trovare impreparati alle prossime emergenze sanitarie
AGI - “Il mio nome si pronuncia 'comma-la'. Significa 'fiore di loto', che è un simbolo importante nella cultura indiana. Il loto cresce sott'acqua, e il suo fiore fuoriesce dalla superficie quando le radici sono ben piantate nel fondale del fiume”. Si presenta così Kamala Harris, la prima donna vicepresidente degli Stati Uniti dopo essere stata la prima in tante altre funzioni (prima donna procuratore generale della California, prima afro-asioamericana ad essere eletta al Senato) nella sua autobiografia ‘Le nostre verità' dal 28 gennaio il libreria edito da 'La nave di Teseo' nella collana ‘i Fari'. Pubblicato in America a gennaio 2019 col titolo ‘The Truths We Hold: An American Journey' (Le verità che abbiamo: un viaggio americano), questo libro è scritto prima che la vita della senatrice democratica fosse stravolta dagli eventi che l'hanno portata ad affiancare Joe Biden nella corsa alla Casa Bianca e arrivare lassù dove mai una donna era arrivata, sullo scranno della seconda carica degli Stati Uniti. Per questo, forse, ancor più interessante perché la Harris, nata a Oakland in California da madre indiana, immigrata da Chennai, e da padre di origine giamaicana, si mette a nudo raccontando la sua infanzia, l'impegno civile dei genitori, ma soprattutto della madre Shyamala Gopalan (il padre Donald, professore di Economia, se ne andò quando lei e la sorella Maya erano ancora piccole, pur restando sempre presente nella loro vita), endocrinologa impegnata nella ricerca contro il tumore al seno. In questo libro Kamala si racconta, parla della sua esperienza fin da bambina a contatto con le comunità di colore, spiega di essersi nutrita con le discussioni sulla giustizia sociale (ricorda che la madre le raccontava che da piccina faceva i capricci e lei le chiedeva: “Cos'è che vuoi?”. Kamala rispondeva: “Libbettà!”). Nelle oltre 350 pagine del libro la Harris ripercorre, con dettagli e aneddoti importanti, le tappe da lei bruciate durante una carriera ricca di soddisfazioni e grandi risultati. Una carriera iniziata, dopo la laurea alla Howard University e all'Hastings College of the Law di San Francisco, nell'ufficio del procuratore distrettuale della contea di Alameda (dove ha lavorato dal 1990 al 1998) e proseguita quando ha fatto il primo grande passo in politica, candidandosi e venendo eletta nel 2003 procuratore distrettuale di San Francisco dove è rimasta in carica, dopo la rielezione nel 2007, fino al 2011. Nel 2010 la candidatura a procuratore generale della California e l'ennesima vittoria diventando la prima donna a ricoprire tale carica, oltre che la prima persona asioamericana. Rieletta ancora nel 2014, come procuratore generale della California la Harris ha perseguito gruppi criminali internazionali, grandi banche, compagnie petrolifere e università private, e si è opposta agli attacchi diretti contro l'Obamacare (la riforma del sistema sanitario del presidente Obama). Si è inoltre battuta per ridurre l'assenteismo nelle scuole elementari, ha aperto la strada alla prima divulgazione a livello nazionale di informazioni sulle disparità razziali nel sistema giudiziario penale, ha introdotto corsi di formazione sui pregiudizi per gli agenti di polizia. La carriera della Harris ha poi toccato una vetta quando nel 2016 è diventata la seconda donna nera a essere eletta nel Senato americano (la prima afro-asioamericana). In Senato, come racconta ampiamente nella sua autobiografia, ha lavorato per riformare il sistema di giustizia penale degli Stati Uniti, aumentare i salari minimi, rendere l'istruzione superiore gratuita per la maggior parte degli americani e tutelare i diritti dei rifugiati e degli immigrati. Leggere oggi ‘Le nostre verità', quando Kamala Harris è diventata vicepresidente degli Stati Uniti, è ancora più interessante perché si legge di una ragazza cresciuta a pane e diritti civili, impegnata da sempre nella difesa delle donne e contro le ingiustizie. Convinta che lo Stato deve farsi carico dei problemi di chi è più debole (“Nel nostro Paese un crimine contro un qualunque cittadino è commesso contro tutti noi – scrive – ecco perché i pubblici ministeri non rappresentano la vittima, loro rappresentano ‘il popolo', la società nel suo complesso”), che il futuro si costruisce tutti insieme, che “un patriota non è qualcuno che giustifica la condotta del proprio Paese qualsiasi cosa esso faccia; è uno che combatte ogni giorno per gli ideali della nazione, a qualunque costo”. E non dimentica, nell'ultimo capitolo dedicato a ‘quello che ha imparato' di citare i movimenti per i diritti delle persone di colore Black Lives Matter e quello contro le molestie sessuali (soprattutto da parte degli uomini nei confronti delle donne) #MeToo. Ma lo fa elevando la protesta da cui hanno avuto origine al rango di rivendicazione per i diritti civili. “Black Lives Matter non può essere soltanto un invito a unirsi per le persone di colore – scrive Kamala Harris – ma uno stendardo sotto cui devono riunirsi tutte le persone perbene. Il movimento #MeToo non può attuare cambiamenti strutturali durevoli per le donne sui luoghi di lavoro, a meno che non vi aderiscano anche gli uomini. Le vittorie conseguite da un gruppo possono portare a vittorie per altri, nei tribunali e nella società considerata nel suo insieme. Nessuno di noi – nessuno – dovrebbe essere costretto a lottare da solo”, conclude. Quindi una considerazione che oggi vale come una dichiarazione programmatica, soprattutto da parte di un'amministrazione che arriva dopo quella di Donald Trump: “Se siamo abbastanza fortunati da trovarci in una posizione di potere, se la nostra voce e le nostre azioni possono innescare un cambiamento, non abbiamo forse un obbligo speciale? Essere alleati di una causa – scrive la vicepresidente degli Stati Uniti – deve tradursi in azione. Sta a noi lottare per coloro che non siedono al tavolo dove vengono prese decisioni capaci di incidere sulla vita della gente”. E alla fine della sua biografia, scritta quando ancora ignorava di essere destinata a raggiungere una vetta politica mai toccata da alcuna donna negli Usa (anche se profeticamente nel libro cita la mamma che le diceva sempre: “Puoi essere la prima. Non essere l'ultima”), Kamala anticipa quello che sarebbe poi diventato il punto numero uno del programma del presidente Biden e della sua vice: “La mia sfida quotidiana con me stessa consiste nell'essere parte della soluzione, nell'essere una guerriera gioiosa nella battaglia a venire. La mia sfida per voi è di unirvi a questa impresa. Di alzarvi in piedi per i nostri ideali e i nostri valori”. E conclude: “Tra qualche anno, i nostri figli e i nostri nipoti alzeranno lo sguardo e ci fisseranno, domandandoci dove fossimo, quando la posta in gioco era così alta. Ci chiederanno com'è stato. E io non voglio che diciamo loro semplicemente come ci sentivamo. Voglio che diciamo loro che cosa abbiamo fatto”. @andreacauti
La testimonianza del medico è stata raccolta dalla Bbc in un documentario che ricostruisce i 54 giorni dal primo caso noto al blocco di Wuhan
La cantautrice americana si confessa a Vanity Fair Usa
AGI - Oggi Kaja Kallas ha prestato giuramento, diventando la prima donna a guidare un governo in Estonia, affiancando un'altra donna, Kersti Kaljulaid, presidente del Paese baltico dal 2016. L'Estonia è il primo e il solo Paese al mondo ad avere donne nelle due principali posizioni di capo dello Stato e capo del governo. Ma qual è la situazione delle donne al vertice nel mondo? A guidare la classifica della leadership rosa in Europa, che ha eletto una donna, Ursula Von der Leyen, alla guida della Commissione Ue, ci sono sicuramente i Paesi del Nord, dalla vicina Lituania, a Norvegia, Finlandia, Islanda, Danimarca e Germania. Secondo dati del 2019, al Parlamento europeo siede il 36% di donne. Considerando i 27 Paesi Ue e il Regno Unito, solo il 14,3% dei premier è donna e tra i presidenti la quota sale appena al 21,4%. L'Europa conta un 30% di ministri donne contro il 19% su scala mondiale. Su scala globale, su circa 200 Paesi, solo 20 sono guidati da capi di Stato donne. La situazione in Europa Danimarca: Mette Frederiksen è la premier dal 27 giugno 2019. Dal 2011 al 2014, Frederiksen è stata ministro del Lavoro nel Governo Thorning-Schmidt I e, dal 2014 al 2015, ha ricoperto l'incarico di ministro della Giustizia. Dal 28 giugno 2014 è la leader dei socialdemocratici. Viene spesso criticata per le sue posizioni molto dure contro l'immigrazione e la lotta alla prostituzione. Estonia: Le neo premier Kaja Kallas è leader del Partito riformista (destra liberale), ex europarlamentare, europeista, 43 anni. è "figlia d'arte": suo padre è l'ex primo ministro Siim Kallas, in carica dal 2010 al 2014, che è stato anche commissario europeo ai Trasporti durante la presidenza Barroso. Il lavoro della prima premier donna in Estonia andrà ad affiancarsi della presidente Kersti Kaljulaid, 51 anni, capo dello Stato dal 2016, quarta in carica dall'indipendenza dall'Unione sovietica nel 1991. Laureata in genetica, ha poi conseguito un master in economia e scienza dell'amministrazione. Dal 1999 al 2002 è stata consigliera economica del premier estone Mart Laar, dal 2002 al 2004 CEO dell'impianto di Iru della compagnia di energia pubblica Eesti Energia, per poi diventare, fino al 2016, membro della Corte dei conti europea. Finlandia: La premier finlandese Sanna Mirella Marin, in carica da dicembre 2019, ha un primato: quello di essere la più giovane leader di governo nel mondo. Classe 1985, a soli 34 anni ha preso la guida dell'esecutivo finlandese, già ministra dei Trasporti, astro nascente del partito socialdemocratico (SPD). Marin è cresciuta in una famiglia di due mamme. Georgia: Nel novembre 2018 la Georgia ha eletto il suo primo capo di Stato donna, Salome Zurabishvili. Nata a Parigi 68 anni fa da genitori georgiani che avevano lasciato il Paese nel 1921, dopo l'annessione all'Unione Sovietica, ha fatto carriera nella diplomazia francese. Nel 2003 è stata inviata come ambasciatrice nella capitale Tbilisi e l'anno successivo ha ottenuto la cittadinanza su decisione del presidente georgiano. Viene allora scelta come ministro degli Esteri, ruolo che ha ricoperto fino al 2005. Nel 2006 ha fondato il partito La via della Georgia e viene eletta in Parlamento. La sua candidatura alla presidenza è stata sostenuta da Sogno Georgiano, partito di governo, fondato nel 2012 dal miliardario Bidzina Ivanishvili. Germania: Cancelliera della Germania dal 22 novembre 2005, Angela Merkel, 66 anni, è tra le più note donne leader al mondo. Dal 2006 al 2019 il magazine Forbes ha inserito Merkel tra le 100 donne più potenti del pianeta. Gran Bretagna: Dal 6 febbraio 1952, quando è succeduta al padre, re Giorgio VI, Elisabetta II - nata Elizabeth Alexandra Mary, il 21 aprile 1926 a Londra - è la regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli altri reami dei 15 Paesi del Commonwealth. Quasi 95enne, il suo regno è il più longevo al mondo, oltre 68 anni. Islanda: Katrìn Jakobsdòttir è il primo ministro dell'Islanda dal 30 novembre 2017. è la seconda donna a ricoprire questo incarico nel Paese dopo Jòhanna Sigurdardòttir, che era stata nominata nel 2009. Leader dei Verdi, Jakobsdottir, 44 anni, dichiaratamente femminista, è alla guida di una coalizione tripartitica composta da Partito dell'Indipendenza, Partito Progressista e i Verdi. Lituania: Ingrida imonyt è primo ministro della Lituania dallo scorso 11 dicembre. Economista di formazione, 46 anni, dal 2009 al 2013 è stata ministro delle Finanze ed ha condotto una politica economica di austerità durante la crisi finanziaria globale. Eletta alle parlamentari nel 2016, due anni dopo ha vinto le primarie del suo partito, l'Unione della Patria - Democratici Cristiani di Lituania, diventandone la candidata per le elezioni presidenziali del 2019. è stata sconfitta dal candidato rivale, Gitanas Nausdam. Norvegia: Erna Solberg è primo ministro dal 16 ottobre 2013 e leader del partito conservatore norvegese. Ad affiancare Solberg, 59 anni, soprannominata la 'Angela Merkel della Norvegia', a due importanti dicasteri ci sono altre donne: Ine Eriksen Soreide, ministra degli Esteri e Marit Berger Rosland agli Affari Europei. Si occupa spesso di diritti femminili anche se vorrebbe leggi più restrittive per l'aborto. Serbia: Ana Brnabi è primo ministro della Serbia dal 29 giugno 2017, eletta con il Partito progressista. L'economista 45enne è la prima donna, dichiaratamente omosessuale, a ricoprire tale carica nel Paese. Si definisce europeista e tecnocratica e il suo governo, per quanto conservatore, punta su educazione e digitalizzazione. Slovacchia: Da marzo 2019 presidente della Slovacchia è Zuzana Caputova, 45 anni, giurista e avvocato, madre divorziata con due figlie, prima donna ad essere eletta capo di Stato nell'Europa centro-orientale. A spingerla ad entrare in politica è stato l'assassinio del giornalista investigativo Jan Kuciak. Si è impegnata a lavorare per i diritti di tutti - anche di immigrati e persone LGBT - contro ogni forma di ingiustizia e abuso. Dopo una lotta decennale è riuscita a fermare un'enorme discarica abusiva, premiata con il Goldman prize, considerato il Nobel del movimento Verde e dell'ecologia. La situazione nelle Americhe Stati Uniti: Kamala Harris è la prima donna e per giunta con origini afroasiatiche a diventare vicepresidente degli Stati Uniti, accanto al 46mo capo di Stato, il democratico Joe Biden. America centrale: Paula-Mae Weekes è presidente di Trinidad e Tobago, laureata in legge e in carica dal 2018. L'avvocatessa Mia Amor Mottley è la premier delle Barbados dal 2018. In Nicaragua, governato col pugno duro dal marito Daniel Ortega, la vicepresidente è Rosario Murillo, esponente di spicco del Fronte sandinista di liberazione nazionale, partito di governo dal 1979, salvo una parentesi di qualche anno. La situazione in Asia e Oceania Bangladesh: La guida del governo è in mano a Sheikh Hasina Wazed, in carica dal 2009, considerata una delle donne più potenti del mondo, inserita al 28mo posto nella classifica Forbes. Myanmar: Nonostante crescenti critiche in patria e all'estero - tra cui le pesanti accuse di genocidio ai danni dei Rohingya - la storica leader birmana Aung San Suu Kyi, 75 anni, stata riconfermata al potere dopo la vittoria alle elezioni parlamentari dello scorso novembre della sua Lega nazionale per la democrazia (Lnd). Molti nella maggioranza dei Bamar la venerano come madre della nazione, Nobel per la pace nel 1991, nel 2010 è tornata libera dopo anni di prigionia durante la dittatura militare cinquantenaria. Nepal: Dal 2015 la presidentessa del Nepal è Bidhya Devi Bhandari, leader del partito comunista, 60 anni, nota per le sue battaglie per i diritti delle donne e per garantirli anche nel nuovo ordinamento statale. Nuova Zelanda: Lo scorso novembre, Jacinda Arden, popolare prima ministra della Nuova Zelanda, è stata riconfermata per un secondo mandato. Capo del Partito laburista dal 2017, la 40enne Arden è ambientalista e lotta contro la discriminazione. Il suo nome è diventato famoso nel mondo per la sua gestione esemplare della crisi della strage di Christchurch, compiuta il 15 marzo 2019 contro due moschee, dando prova di una leadership salda e profondamente umana. Un'altra crisi che Arden ha gestito con successo è quella della pandemia di Covid-19. Singapore: Da settembre 2017 il presidente di Singapore è una donna, Halimah Yacob, la prima a ricoprire l'incarico. Di etnia malese, classe 1954, la sua elezione è stata accolta come la volontà di affermare l'identità multiculturale e multietnica della piccola ma influente repubblica asiatica. La situazione in Africa Etiopia: In Africa l'unica donna capo di Stato in carica è Sahle-Work Zewde, eletta in Etiopia nell'ottobre 2018, prima donna alla presidenza nel Paese del Corno d'Africa. Diplomatica di lungo corso, fino alla sua elezione ha ricoperto la carica di rappresentante del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres presso l'Unione africana. Togo: Lo scorso ottobre in Togo è stata nominata la prima premier donna, Victoire Tomegah Dogbè, 60 anni. Laureata in Scienze economiche e gestione d'impresa in Togo, con specializzazioni all'estero, ha maturato una lunga esperienza nella cooperazione, tra l'altro alle Nazioni Unite, prima di diventare ministro dello Sviluppo, dell'Artigianato, della Gioventù e dell'Occupazione dei giovani nel suo Paese. Gabon: Anche il Gabon ha un primo ministro donna: Rose Christiane Ossouka Raponda, 56 anni, economista, esperta di finanza pubblica, in carica da agosto 2020. Alle spalle ha una lunga carriera da fedele alleata del presidente Ali Bongo Odimba, la cui famiglia è al potere da decenni. Dal 2012 al 2014 è stata ministro del Bilancio, dal 2014 al 2019 sindaco della capitale Libreville, dove vive più del 70 per cento della popolazione del Gabon, e per finire ministro della Difesa da febbraio 2019. In Africa il protagonismo politico femminile passa anche attraverso le rappresentanze nei Parlamenti. Il Parlamento del Ruanda è il primo al mondo per numero di donne, che sono il 56% di tutti i deputati.
Prima ritorsione europea contro la casa farmaceutica
Dayane Mello è la prima finalista del GF Vip. L'annuncio, ovviamente, ha creato tanti malcontenti: la modella brasiliana è favorita?
"La magia è spezzarne la catena". Marilù Oliva presenta il suo nuovo libro, Biancaneve nel Novecento (Solferino)