Una lezione dalla Germania: i partiti contano ancora

Siamo proprio sicuri che oggi i partiti politici abbiano esaurito la loro funzione? Sono davvero soggetti del passato, superati da nuove forme di partecipazione e rappresentanza? Se mettiamo da parte l’Italia con il suo peculiare laboratorio e diamo uno sguardo intorno a noi, la risposta non è così certa.
In Germania, nel giro di una settimana, si sono tenuti i congressi di due partiti molto diversi tra loro, i Verdi e l’AfD. Diverse le ideologie, diverse le modalità degli incontri - uno virtuale, l’altro in presenza fisica - diversi i risultati; analoga invece la forza della discussione, la passione per il confronto di idee e tesi, la voglia di trovarsi e di alimentare una dialettica anche vigorosa sulle cose da fare.
Dagli schermi dei video i Verdi hanno discusso a fondo del loro posizionamento nello scenario politico tedesco a meno di un anno dalle prossime elezioni federali. Quaranta anni fa, quando nacquero e poi entrarono con clamore nel Bundestag (1983) presidiato sino ad allora per decenni da tre soli gruppi parlamentari (democristiani, socialdemocratici e liberali), molti temettero il peggio per la gestione del Parlamento e l’equilibrio del sistema. Da forza di contestazione frontale, con gli anni i Verdi sono diventati partito di riferimento per un’ampia platea di sostenitori – nei sondaggi quasi al 20% - e hanno governato a livello comunale, regionale e nazionale, smussando gli angoli più ideologici e premiando il pragmatismo della responsabilità. I realisti (Realos) hanno la meglio sui fondamentalisti (Fundis).
Oggi, presieduti in tandem da Annalena Baerbock e Robert Habeck, entrambi attratti dalle sfide di governo più che dalla mera testimonianza, si concentrano sulla prossima tornata elettorale. Tra le opzioni, è più verosimile una coalizione con la Cdu che non con Spd e Linke. Dopo un dibattito intenso, l’ala minorit...
Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.